Telefonini sotto sequestro in classe: continuiamo a tradire gli adolescenti.

Nel libro L’età tradita di Matteo Lancini, possiamo trovare la spiegazione del perchè sequestrare i telefoni non è una soluzione. Approfitto per iniziare a parlare di questo libro che è di fondamentale importanza per conoscere come sono veramente gli e le adolescenti oggi. Vengono traditi perché trattati secondo un’immagine e un bisogno di autoproiezione e autoprotezione di adulti fragili. Ne sono ignorate le esigenze e potenzialità e sono esposti a un grande rischio di disagio. Si rende urgente che gli adulti si educhino a modificare il contesto e a valorizzare e dare spazio e opportunità ai giovani.

La prima spacciatrice di smartphone in Italia è la mamma

 “Telefonini ‘sotto sequestro’ in classe: le mamme appoggiano” è il titolo di un articolo sulla stampa locale a commento della decisione di un famoso liceo bolognese. Mi chiedo: e i papà cosa dicono? Perché non ci perviene la loro opinione?

“Il consumo tecnologico nasce in famiglia e la prima spacciatrice di smartphone in Italia è la mamma“, dice Matteo Lancini nel  libro  L’età tradita. Lancini chiama “madre virtuale” colei che concilia le attività di lavoro, familiari  e di madre tramite un controllo serrato dei figli con l’uso del telefonino prima con nonni e baby sitter, poi direttamente con loro. E’ colei che organizza tutto della vita dei figli in modo che non siano mai soli, ma sempre felici e partecipi della socialità, e in modo che non si facciano mai male, eliminando tutti i rischi.

Il libro L’età tradita dovrebbe essere per me la bibbia di genitori, insegnanti, educatori, psicologi: scritto dopo l’esperienza della pandemia, è un accorato appello agli adulti a cambiare, se vogliamo che gli adolescenti stiano bene, e a rovesciare tanti, se non tutti, i luoghi comuni a cui siamo abituati.

Matteo Lancini è uno psicologo e psicoterapeuta di formazione psicoanalitica. Presidente della Fondazione “Minotauro” di Milano e docente presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Milano-Bicocca e presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica di Milano. È direttore del Master “Prevenzione e trattamento della dipendenza da internet in adolescenza” e insegna nella Scuola di formazione in Psicoterapia dell’adolescente e del giovane adulto del Minotauro.

Non solo telefoni, anche i corpi sotto sequestro

“ Abbiamo messo sotto sequestro, a causa delle nostre ansie e angosce, il corpo dei figli, impedendo loro esperienze di gioco e socializzazione spontanea, Compresa quella, che andrebbe reso obbligatoria, di lasciarli andare da soli a scuola e di non andare neanche a prenderli.”

Anche agli adolescenti abbiamo chiesto di non farsi male, di non soffrire, perché questo ci avrebbe causato dolore, ci avrebbe fatto sentire inadeguati, perché siamo convinti se il figlio non è felice questo è sempre colpa dei genitori.  Quindi i ragazzi oggi si sentono responsabili per i loro genitori e si adeguano alle loro richieste, evitando di ribellarsi e di trasgredire. Riescono a realizzare le loro sperimentazioni di aggressività e di rischio, che è il loro “compito evolutivo”, per diventare adulti, solo su Internet.

Dopo aver fatto sentire il bambino celebrato e adultizzato nell’infanzia, con un trattamento alla pari, nell’adolescenza, gli adulti, fanno richieste di rispetto di regole e norme calate dall’alto, a cui non hanno abituato i figli, e chiedono di studiare da soli e in silenzio, senza dispositivi, cosa mai accaduta nell’esperienza precedente. Lancini, inoltre, fa notare la contraddizione tra l’uso delle immagini come rappresentazione dell’orgoglio di genitori, a partire dalle ecografie fino ai video per ogni piccolo evento, e la loro demonizzazione quando sono i giovani a riferirsi tanto all’immagine per la loro acquisizione di identità. Altra contraddizione è quella che vede tutti gli adulti dipendenti da Internet (insegnanti compresi) perchè, rileva Lancini, senza non potremmo più lavorare nè avere vita sociale, ma ugualmente accusatori di tale dipendenza nei confronti degli adolescenti.

Proibire il telefono risulta dunque una semplificazione, che serve a placare i sensi di colpa per non essere educatori efficaci, per darsi autorevolezza e per individuare il capro espiatorio. Lancini attribuisce anche a psicologi ed educatori questa semplificazione.

La povertà educativa all’origine del problema: serve l’ascolto a una generazione di esperti della relazione

L’origine dei problemi è invece la “povertà educativa”: se l’alternativa alle relazioni e apprendimenti su Internet sono i falsi sentimenti, la performatività, l’individualismo, la mercificazione che troviamo nella realtà, abolire Internet non serve a niente. Occorre un’educazione degli adulti che dovrebbero evitare di proiettare sui figli la propria autorealizzazione e comprendere che “gli inciampi le sofferenze le cadute dei figli non dipendono esclusivamente da come hanno svolto e stanno svolgendo il proprio ruolo genitoriale ma anche dai modelli di identificazione provenienti da altre agenzie che non hanno mandati educativi”.

Occorre che gli adolescenti invece di essere infantilizzati, vengano “adultizzati” e “responsabilizzati”, termini di Lancini, “convocati” dalla politica e dalle istituzioni per assumere ruoli di importanza e non di facciata, di concreta operatività e utilità per la collettività al fine di far acquisire un senso di appartenenza istituzionale.

“Serve una rivoluzione affettiva e relazionale, non sono sufficienti il controllo, la limitazione, la posticipazione dei tempi di utilizzo di Internet. C’è bisogno di adulti capaci di offrire ascolto e relazione identificata “ Gli adolescenti si sono formati, dall’infanzia così educata, una raffinata capacità relazionale e hanno bisogno di essere valorizzati ed ascoltati. Il giudizio di irresponsabilità e immaturità può anche essere oggettivo, ma non porta da nessuna parte, perchè gli adolescenti sono fatti così ma non rimangono così, essendo in evoluzione. Togliergli gli strumenti per sperimentare, impedirgli di sbagliare e di farsi male, vuol dire impedirgli di aprirsi alla vita e in realtà invitarli a chiudersi ad essa.

Tramite l’ascolto si può “dare senso ai loro comportamenti, distinguere le nuove normalità dalle nuove forme di disagio”: parlare delle loro scelte e sperimentazioni consente agli adulti di mediare, e a loro di non perdersi, anche se i rischi ci sono.

L’esperto della dipendenza da Internet scrive“ È altamente improbabile che l’abbandono di un’esperienza strutturata, sportivo musicale che sia, dipenda esclusivamente dal desiderio di restare a casa propria e con lo smartphone tra le mani……Solo l’ascolto e la comprensione di quanto sta accadendo nella mente del figlio o della figlia adolescente potranno aiutare ad acquisire la padronanza necessaria alla ripresa della pratica o all’individuazione di una nuova attività in cui investire tempo ed esigenze evolutive” In una intervista è ancora più chiaro: “se ci dovessero essere segnali di un uso distorto di smartphone e web da parte di adolescenti e pre-adolescenti, la soluzione in generale non è sequestrare il cellulare: internet e i social sono ormai parte integrante delle nostre vite, si rischierebbe persino l’effetto opposto. Piuttosto parlate, chiedete ai figli cosa fanno online, monitoratelo se ancora piccoli, in modo condiviso, non investigativo. Informatevi in prima persona e spiegate i rischi della rete, cercate di capire se dietro un cattivo utilizzo dei social c’è qualcosa di più ed eventualmente rivolgetevi a un esperto.”

Concludo con un consiglio semplice: “Chiediamo tutti i giorni ai nostri figli ‘Come va on line?’” Cosa hai imparato? Cosa hai trovato? Cosa hai sperimentato? Ascoltiamo con interesse e curiosità, senza dare opinioni o consigli: questo è il modo migliore di supportare e lasciare crescere.

Ascoltate Matteo Lancini qui :

Adolescenti arrendetevi! È arrivato il momento di consegnare lo smartphone a insegnanti e genitori!

 

 

 

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