Approfitto della risonanza che ha avuto la notizia della sperimentazione di una didattica senza voti al Liceo Scientifico Morgagni di Roma (1) per parlare di questo argomento che ritengo fondamentale quando si tratta del benessere dei ragazzi e delle ragazze. Incentrare sul voto numerico la motivazione allo studio è perdente: genitori e insegnanti ne devono prendere atto. É sicuramente complicato in un momenti come questo rivedere in modo sensato questo elemento complessissimo della didattica, ma avviare una riflessione penso sia importante.
Alberto Manzi pagò anche con la sospensione dello stipendio per alcuni mesi il rifiuto di compilare le pagelle, Le ragioni esposte nella giustificazione al suo direttore didattico sono le stesse indicate dai docenti del Liceo Morgagni all’origine della loro scelta: “Non ho mai classificato nessun compito, e pertanto i ragazzi hanno appreso a lavorare perché è bello scoprire cose nuove; hanno appreso ad aiutarsi perché – data la mancanza di ogni tipo di classificazione – hanno scoperto che dà più gioia il dare che il ricevere, hanno appreso ad essere coscienti delle loro possibilità perché non hanno mai avuto il terrore di dimostrare la loro ignoranza […] Ora se qualcuno mi dimostrerà che dare i voti e compilare una classificazione (sia pure a parole) è un mezzo che aiuta i ragazzi a crescere in intelligenza, in solidarietà, in amicizia, allora darò i voti, e le relative pagelle. Ma questo qualcuno deve dimostrarmelo” (2)
Gli esperti oggi sostengono gli stessi argomenti esatti: Matteo Lancini (3) non attribuisce alcuna autorevolezza né professionalità al fatto di dare un valore numerico ad un lavoro, rispondendo a chi pone il dubbio che, mancando il voto, manchi l’incentivo allo studio. “In realtà è vero il contrario: le valutazioni che servono davvero sono quelle articolate, che spiegano allo studente quali sono i punti di debolezza su cui lavorare, senza alimentare la competizione, che invece, nelle scuole italiane, viene promossa sin dalla scuola elementare”.
Il voto numerico può certificare un apprendimento unidirezionale che si limita a fotografare una quantità lineare, operando una media fra parametri che sono stati sicuramente valutati in una prova di verifica, ma che poi non risultano esplicitati. Questa linearità non è però positiva: “La scuola di oggi spesso marginalizza l’apprendimento attivo a lungo termine, privilegiando assimilazione-ripetizione (io insegno – tu apprendi – io verifico), cioè allena le funzioni cognitive dell’apprendimento passivo a breve termine. Infatti ottiene studenti che scoprono poco e forniscono prestazioni nell’immediato, ma che, dopo la verifica, dimenticano rapidamente quasi tutto.” (4)
Al Liceo Morgagni hanno cambiato didattica, orientandola alla scoperta, organizzando lo studio il più possibile in gruppo e a scuola, rispettando gli stili e i tempi di ognuno tramite la personalizzazione. I voti numerici invece uniformano le differenze, producendo una classifica in cui ogni studente e ogni studentessa viene posta ad un livello di valore che poi diventa inevitabilmente il valore della sua persona. Questo percepiscono poi anche i genitori, i pari, l’insegnante. Ciò nuoce anche ai ragazzi che ottengono voti alti, perché rischiano di identificare la propria qualità solo con quello. “Se vogliamo formare dei geni continuiamo con la competizione ma se vogliamo portare avanti tutti e diminuire la dispersione, dovremo rinunciare ad avere dei geni”, dice Marco Crepaldi (5)
Sul tema dell’ansia la neuroscienziata Daniela Lucangeli da anni ha lanciato l’allarme (6), comunicando che nella scuola italiana si verifica un più alto grado di sofferenza in questo senso, in confronto agli altri paesi. Paradossalmente, mentre altrove l’ansia cresce con l’età, in Italia diminuisce: sono più ansiosi i bambini e le bambine della scuola primaria che gli studenti universitari.
Al Liceo Morgagni hanno valorizzato e reso protagonista quello che già si fa normalmente, la valutazione formativa, che descrive il percorso di apprendimento e lo orienta per guidare al massimo il risultato individuale e per perfezionare anche l’azione didattica. Viene quindi applicata quella indicazione alla personalizzazione che non vale solo per chi è in difficoltà, ma per ciascuno, dando posto alle unicità e cancellando qualunque senso di inferiorità.
Matteo Lancini auspica una scuola “dove anche le prove …. prevedano l’utilizzo della rete, in cui sia possibile approfondire gli argomenti consentendo di trasformare il momento della valutazione, da verifica di quanto appreso, a occasione di ampliamento degli apprendimenti necessari. Interrogazioni e compiti in classe in cui è richiesto agli studenti di ripetere esattamente ciò che l’insegnante ha detto a lezione ed è scritto sul libro non hanno più alcun senso” (7)
In questo modo è possibile comunicare chiaramente anche i limiti e gli errori che non sono più squalificanti ma riconosciuti o come inevitabili, o come superabili. Matteo Lancini sollecita all’educazione al fallimento fin dall’infanzia per prevenire il disagio adolescenziale. Daniela Lucangeli parla di “diritto all’errore” come antidoto all’ansia: è un diritto al fallimento di una prova, di un risultato, non di sé come persona. Non ci si ferma alla singola prestazione perché si coglie più il processo che il risultato, perché quest’ultimo è effimero e cambierà nel tempo con l’acquisizione di sempre maggiore competenza, mentre il processo è un’acquisizione permanente. Sappiamo come sia difficile e importante una serena autovalutazione: questo penso sia il modo più efficace per stimolarla.
Infine, ma di primaria importanza, l’accento sulla relazione educativa. Non è un caso che il nome del corso sperimentale sia “Scuola delle Relazioni e della Responsabilità” . “C’è bisogno di adulti capaci di ascolto e relazione identificata” (7): la motivazione può essere solo quella interiore, non funziona quella eterodiretta tramite lo spauracchio del voto. In questa cura della relazione, nella scuola senza voti, c’è anche una valutazione del proprio benessere. È infatti consigliato attivare sempre la consapevolezza negli studenti di ciò che sentono: magari non è possibile rinunciare alla classificazione delle prove di verifica, ma gli esperti consigliano di sollecitare gli allievi a mettersi in contatto con le emozioni suscitate di fronte al risultato di una prova, cosa valida anche per l’insegnante rispetto alla propria azione.
Il contrasto alla dispersione scolastica è più efficace quando la voglia di andare a scuola non viene frenata da umiliazione, ansia e paura ma favorita dal benessere e dal piacere di apprendere.
(2) https://www.centroalbertomanzi.it/wp-content/uploads/2019/07/sollecito.pdf
(3) https://www.minotauro.it/scuola-senza-voti-il-metodo-funziona/
(5) https://www.youtube.com/watch?v=gRxMKrpj0yg
(7) Matteo Lancini, L’età tradita, Raffaello Cortina Editore, 2021
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