La storia di Laura, quando provocarsi dolore diventa una via d’uscita

Progetto Itaca, l’associazione di cui sono volontaria, opera instancabilmente per informare e per combattere lo stigma. Ignoranza e stigma impediscono di accettare il disagio mentale e di curarlo efficacemente.

La storia di Laura, quando provocarsi dolore diventa una via d’uscita”

Vi introduco brevemente il quarto dei podcast dove il padre di Laura dice: ”tutto quello che dall’esterno viene considerato dannoso per queste persone è virtuoso perché diminuisce il fortissimo dolore psichico: è paradossale ma è così”

Ecco perché non si deve né giudicare né rimproverare per i comportamenti disfunzionali, perché essi esprimono sempre un profondissimo dolore che non viene raccontato.  “Qualunque comportamento disfunzionale”  dice la psicologa dott.ssa Roder  “non viene mai messo in atto per indurre gli altri a comportarsi in un certo modo, è sempre l’espressione di una sofferenza. Per esempio, non è vero che i comportamenti autolesivi possono essere delle condotte manipolatorie; possono avere una funzione di comunicazione indiretta di qualcosa, esprimono sempre una sofferenza, ma le persone non li mettono in atto per indurre gli altri a fare ciò di cui hanno bisogno” Quando ci troviamo di fronte a una persona con disagio, allora,  “si tratta di comprenderla, considerando che ciò è molto difficile perché la nostra esperienza è diversa. La sofferenza psichica fa sempre paura e tendiamo ad allontanarla, molto spesso tendiamo a classificare le persone con problematiche  psichiche come diverse  poco adeguate al mondo”. “L’atteggiamento da tenere invece è quello di profondo rispetto, è un ascolto profondo nei limiti di quello che noi possiamo fare”.

Dice il padre di Laura “queste persone hanno un terrore del giudizio sociale, innanzitutto, e per questo spesso si rintanano nella loro cuccia perché hanno paura della valutazione che il mondo dà su di loro. Nel mondo ci siamo anche noi genitori, quindi il fatto di non essere giudicanti “ è fondamentale. Il padre di Laura qui esprime una profonda accettazione totale e incondizionata di sua figlia con tutto il suo dolore, non la lascia sola perché “difettosa”, rinuncia a volerla cambiare. Continua:  “Abbiamo capito la  ricchezza di questa persona la sua umanità e il fatto che bisogna accettare che sia così, che sia una persona particolarmente interessante, che va incoraggiata nel suo essere unica”

Come può essere di aiuto agli insegnanti questo racconto?

I ragazzi e le ragazze che soffrono spesso si allontanano dall’ambiente scolastico, per cui sono i familiari che devono imparare  a conoscere e gestire le situazioni. Comunque tutti gli atteggiamenti qui indicati – ascolto, empatia, non-giudizio, rispetto, fiducia, incoraggiamento, valorizzazione dell’unicità, rilevazione della sofferenza dietro l’apparente sfrontatezza o inadeguatezza, riconoscimento dei propri limiti – valgono tanto per i genitori che per gli insegnanti e per chiunque abbia a che fare con persone che soffrono. Penso che sia molto utile la sottolineatura che la manipolazione non appartiene a queste persone, perché credo si rimanga spesso confusi, anche come insegnanti, dal timore di trovarsi di fronte a questa modalità. Conoscere il funzionamento della mente e delle emozioni di questi ragazzi e ragazze e dei loro genitori, penso possa rendere familiare, riconoscibile e sopportabile il dolore e il senso che hanno le sue manifestazioni. In tanti casi, infatti, la sofferenza può portare ad allontanare proprio coloro che sono più vicini e che vogliono aiutare, tra cui gli amici, i compagni e anche gli insegnanti. Per vincere la malattia, allora, non c’è niente di meglio che conoscerla e non lasciarsi sviare dai suoi trucchi che boicottano le vie di uscita. Bisogna anche imparare ad accettarla, come il padre di Laura, come parte di un’unicità da riconoscere preziosa.

“La storia di Laura, quando provocarsi dolore diventa una via d’uscita”.

Podcast  (17’40”)

 

Foto di Patou Ricard da Pixabay

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2 thoughts on “La storia di Laura, quando provocarsi dolore diventa una via d’uscita

  1. Molto bella l intervista, mi ha colpito, fra gli altri, questo passaggio:”Il padre di Laura qui esprime una profonda accettazione totale e incondizionata di sua figlia con tutto il suo dolore, non la lascia sola perché “difettosa”, rinuncia a volerla cambiare”.Bello anche da parte del padre il fatto di trovare interessante e valorizzare la sua unicita.

    1. Grazie Massimo, credo che siano proprio i passaggi primari e fondamentali quelli dell’accettazione e della gratitudine, che consentono di gettare il proprio abbraccio accogliente alla persona che sta male.

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