Quello che segue è lo sfogo di una mamma, pubblicato sul gruppo Facebook di genitori di ragazzi e ragazze Hikikomori, cioè in situazione di ritiro sociale. Per chi non lo sapesse, sono ragazzi e ragazze che non riescono ad uscire di casa per un problema di ansia e di disagio profondo. A volte non escono nemmeno dalla stanza, rinunciano a tutti i rapporti sociali, agli amici, al sole, all’aria, allo sport, alla scuola. Rinunciano alla vita. E’ un’alternativa all’anoressia, a tagliarsi, a drogarsi. E’ l’espressione di una sofferenza abissale.
“Mi spiace, ma noi alla fine caschiamo sempre lì: chiediamo un incontro a scuola con alcuni prof. per aggiornarci sulla situazione, esponendo la nostra lettura di quest’anno scolastico, delle ansie, dell’impegno che vediamo mettere da nostra figlia, nonostante le fatiche emotive, anche in vista del prossimo esame di terza media, chiedendo un loro riscontro e il loro punto di vista. Eh niente, dopo tutte le parole, i discorsi che cercano di andare un po’ oltre le mura della scuola e delle semplici valutazioni, c’è sempre quell’insegnante che alla fine di tutto, dopo un’ora di colloquio, ti guarda e ti dice :” si va bene ho capito, ma io cosa devo pensare quando lei è assente proprio il giovedì, che è l’unico giorno in cui io ho due ore di lezione?” … 🙈 niente prof. , non devi pensare niente, perché tanto niente capiresti, neppure facendo un corso intensivo. Obbiettivo per questo mese: andare avanti, andare oltre per uscire da questo sistema LIMITATO, per essere educata non uso altri termini.”

Il blog unascuolafuoriclasse.it è dedicato a chi ha un figlio, una figlia, degli studenti, delle studentesse per i quali la scuola va male. Vorrei farvi trovare informazioni e rassicurazione. Vorrei che fosse un luogo di incontro e condivisione. Quello che mi ha colpito, nella scuola, è la mancanza di empatia: mi sono convinta che quasi nessuno sappia e capisca cosa succede a un ragazzo o a una ragazza che evidenziano degli atteggiamenti di disinteresse, di rinuncia. Questo succede probabilmente perché bisogna cascarci dentro a queste situazioni per imparare a vedere. Tante volte il tutto viene attribuito a carenze cognitive e i genitori vengono considerati a loro volta inadeguati o, quando richiedono aiuto, assillanti.

Io invece penso che non sempre la scuola offra la competenza sulle normative che pure esistono, la disponibilità ad applicarle, la capacità di distinguere tra disagio adolescenziale, pigrizia, disturbo della mente. Un genitore si trova del tutto impreparato e solo di fronte a quest’ultima evenienza, perché nemmeno la scuola la mette mai nel conto. Eppure una persona su quattro soffre di disagio mentale, e l’esordio è nella maggior parte dei casi nell’adolescenza o nella prima giovinezza. Si può facilmente preparare un piano, le cui buone prassi sarebbero utili anche per tutti gli altri studenti e studentesse. Questo migliorerebbe il clima scolastico, darebbe strumenti agli e alle insegnanti e ai genitori un conforto e un appoggio efficace.
Io non sono un’esperta, agisco nell’ottica dell’auto mutuo aiuto: mi baso sull’esperienza personale come madre e insegnante.

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