“Progetto Itaca” è una Fondazione che promuove programmi di informazione, prevenzione, supporto e riabilitazione rivolti a persone affette da disturbi della Salute Mentale e alle loro famiglie. Attivisti dell’associazione sono persone che hanno un disturbo e famigliari oltre ad altri volontari.
Sul sito, consiglio di dare un’occhiata a Itacablog, con le commoventi e, soprattutto, illuminanti confessioni di persone che convivono con disturbi mentali di vario tipo, fra cui anche la schizofrenia. É stato così che ho appreso che il disagio mentale non deve necessariamente guastare l’intera vita di una persona ma, anche se non in tutti i casi, può essere gestibile e consentire una vita appagante.
Uno degli spot che l’ ONLUS Progetto Itaca ha diffuso per promuovere le donazioni del 5×1000 ha come soggetto “L’elefante nella stanza“, traduzione dell’espressione inglese “elephant in the room” che, cito dal loro sito,” indica una realtà che, per quanto ovvia, viene ignorata o minimizzata. E così è per la malattia mentale: la patologia e chi ne soffre diventano “l’elefante nella stanza”, qualcosa da nascondere. Ma la realtà è ben diversa, il disturbo mentale è molto più comune di quel che si pensa. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, una persona su quattro, nel corso della propria vita, fa esperienza di disagio mentale”.
Credo che il video illustri efficacemente quale sia il vissuto di chi convive con un disturbo della mente. Un disturbo, appunto, dato dalla presenza di pensieri e percezioni che impediscono di concentrarsi facilmente e direttamente sulle pratiche quotidiane. Le strategie che una persona mette in atto per reagire a queste interferenze o la lentezza, confusione, inazione, sono l’ovvia reazione a questo. Ciò spiega la trascuratezza nella cura di sé, il non riuscire ad uscire di casa o ad alzarsi dal letto, l’essere distratti o inefficienti a scuola e nello studio, l’avere fobie, attacchi di panico, il parlare da soli ecc.
La fondatrice, Ughetta Radice Fossati, una trentina di anni fa, si trovò ad affrontare l’esordio del disturbo in una delle sue figlie, Barbara, che si definisce spiritosamente la “Paziente Zero”. Da allora Ughetta ha avviato un’impresa che credo sia unica nel nostro paese. A lei la mia gratitudine per avermi fatto comprendere che il disagio mentale non è un buco nero in cui si cade per non riemergerne mai più. Ringrazio anche Valerio, altra colonna portante dell’associazione, per avermi illuminato con le sue parole ed esperienza sul vissuto delle persone con questo tipo di malessere. Certo può essere una presenza che condiziona anche molto pesantemente ma, come dicono a “Progetto Itaca”, se anche una persona ha un solo mignolo che funziona, quello è ciò che dobbiamo valorizzare, se non vogliamo creare emarginazione e invalidità. Si può agire come di fronte ad un qualunque disturbo fisico: se uno studente ha il diabete, non per questo lo vediamo come malato. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, definisce la salute “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattie o infermità”.
Il problema di questo tipo di disagio è che non si vede, mentre si vedono benissimo le sue manifestazioni, che fanno apparire una persona totalmente inadeguata, a volte provocatoria, menefreghista, incapace o sottodotata. Non sto parlando di quelle forme evidenti e insorte già dall’infanzia o che comportano ritardo dell’apprendimento. Intendo quelle forme che iniziano a manifestarsi nell’età dell’adolescenza. Spesso questi studenti e studentesse sono estremamente intelligenti, anche se non riescono ad essere efficaci nello studio con le modalità consuete. Possono però avere una sensibilità e un’umanità che altri non hanno e strumenti diversi di apprendimento. Possono, a volte, manifestare delle capacità sorprendenti se solo lasciamo che queste emergano al di là di ciò che a prima vista ci confonde. Io penso sempre a Van Gogh, di cui tutti ammiriamo l’anima nella sua espressione artistica.
A Progetto Itaca sono convinti che più le persone, soprattutto quelle giovani, hanno confidenza con questi temi, più diventerà semplice avere cura della propria salute nel modo giusto. Io aggiungo, da insegnante, che è un dovere informarsi, liberarsi da preconcetti e paure immotivate e rafforzare la capacità di sostenere e guidare TUTTI i propri studenti e studentesse. Bisogna imparare a vedere l’elefante, laddove ci sia, soprattutto tenere in conto la possibilità che questo invisibile ospite sia quello che impedisce la serenità ad alcuni o alcune. Bisogna imparare ad averci a che fare e non lasciarsi soggiogare, soprattutto non lasciare che chi ci convive rimanga solo.
Io sogno che tutti quelli e tutte quelle che sperimentano questa realtà trovino comprensione e spazio nel mondo per realizzarsi in pieno pur con questa pesante dotazione. Sono felice che finalmente possiamo vedere tutti la bellezza, anche delle ferite, di una ragazza come Bebe Vio, che la possiamo ammirare nelle gare Olimpiche perché dotata degli opportuni ausili, che le madri e i padri possano essere orgogliosi dei loro figli e figlie lgbtiaq+. Se impariamo a gestire quell’elefante, non sarà più necessario fingere di non vederlo, e potremo invece godere della ricchezza e bellezza che ognuno, ognuna può donare al mondo.
Sito di “Progetto Itaca” . Qui si trovano, oltre alla presentazione delle attività e dei corsi per volontari, i numeri di telefono della linea di ascolto per chi ha urgenze o necessita di informazioni.
Video dell spot “Anche tu convivi con un elefante nella stanza?”
Il sito del blog di “Progetto Itaca”
La pagina Facebook di “Storie di una ragazza DOC” ha più di 4000 followers. Lei si presenta “Racconto la mia convivenza, ormai serena, con il Disturbo Ossessivo Compulsivo”. Ottima lettura, secondo me, per gratificare il proprio spirito.